Da quando l’uomo profuma la sua pelle?
Se fossimo vissuti 2 mila anni fa quali canoni di bellezza e quali famiglie olfattive di riferimento avremmo avuto?
Al contrario di quanto si è tenuti a pensare, l’uomo utilizza fragranze da secoli: gli egizi, i greci e soprattutto i romani, dove la cura dell’immagine era molto importante poiché rifletteva lo status sociale, erano già inclini a questa pratica.
Scopriamo insieme, attraverso alcuni cenni storici, la storia di questo fantastico mondo profumiero dell’antichità.
Balsami e unguenti: i profumi nell’antica roma
I Romani non conoscevano il profumo come l’intendiamo oggi, in quanto l’alcol non era ancora stato distillato.
Ad abbondare erano invece balsami, unguenti e sostanze profumate, tanto più che non conoscendo il sapone, i Romani, da sempre grandi igienisti, erano soliti lavarsi con cenere di faggio, lisciva, creta tritata e pietra pomice.
Di questo trattamento la pelle non godeva: per lenire, ammorbidire e idratare la carnagione così ricoprivano il corpo di balsami oleosi.
Ed è proprio questi balsami che avevano il compito di profumare la persona.
Ma le essenze non si limitavano solo a profumare la loro pelle: si era soliti riempire di fragranze vestiti e oggetti, stanze e persino luoghi pubblici.
Grazie alle conquiste territoriali ottenute in battaglia, i romani introdussero in occidente profumi esotici sconosciuti fino a quel momento, come glicina vaniglia, garofano o lillà. L’influenza orientale diffuse inoltre aromi come pino, zenzero, mimosa o cedro.
Ed è proprio nell’Antica Roma che nacque il mestiere di mastro profumiere: i così detti unguentari, artigiani rispettati che trasmettevano le loro ricette segrete ai discendenti, proteggendo le loro creazioni, il loro nome e il loro business.
I luoghi che i romani amavano profumare
La vita quotidiana dei Romani era circondata da deliziosi aromi.
Il bagno era un costume pubblico e quotidiano, un luogo di incontro sociale, dove, naturalmente, ci si profumava la pelle. Gli aromi preferiti erano quelli che provenivano dai fiori: narciso, gelsomino, giglio e violetta, sebbene usassero anche oli estratti da sostanze come il sandalo.
Durante le rappresentazioni teatrali e anfiteatrali, oltre al velarium teso sugli spettatori per ripararli dal sole, venivano spruzzati getti d’acqua misti a profumi. I così detti “sparsiones”: acque odorose e polveri aromatiche sparse su attori e spettatori, per evitare i cattivi odori. A Pompei e al Colosseo queste acque odorose sembra fossero composte con rosso croco, una pianta erbacea perenne che appartiene alla famiglia delle iridacee, in aggiunta al profumo di rosa.
L’arrivo del cristianesimo segno il declino per la stagione dei profumi romana, in quanto le essenze erano considerate un lusso appropriato e strettamente correlato alla seduzione. L’uso del profumo praticamente scomparve.
La fabbricazione dei profumi a Roma
Due sono gli elementi utilizzati nella fabbricazione del profumo- spiega Plinio in uno scritto storico – il succo e l’essenza: il primo, in genere, consisteva nei vari tipi di olio, il secondo negli odori e negli aromi. Il terzo elemento era invece il colore; per produrlo si era soliti aggiungere cinabro (minerale rosso) e ancusa.
Tra i profumi il più semplice e, verisimilmente, il primo ad essere inventato, fu quello ricavato dal muschio e dall’olio di balano. In seguito questa prima essenza si arricchì di resina e di mirra.
Quali profumi equivalenti del nostro catalogo sarebbero piaciuti ai Romani?
Nonostante l’assenza di alcool, sappiamo che i romani amavano molto gli oli a base di spezie orientali. Per questo avrebbero sicuramente apprezzato:
- Una interpretazione più moderna ma che sicuramente non sarebbe dispiaciuta agli abitanti dell’Antica Roma è questa fragranza simile. Un profumo dall’anima dark in cui le spezie dolci sono unite all’orchidea e alla vaniglia, dando vita a un accordo seducente.